Penso… prendo il furgone (non ho un camper, ma Volkswagen Transporter, un furgone vero) e vado.
Ho esperienza di vita in barca (da regata), in cui ottimizzare gli spazi è fondamentale.
Penso, ce la posso fare.
Sola soletta mi attivo per rendere il furgone la mia casa mobile, e la voglio bella e confortevole!
Ho la passione per il riciclo: un paio di gomme da neve in disuso ricoperte da ritagli di tessuto bianco, abbelliti da due fiocchi in cotone scozzese sono diventate base per il letto e contenitori per stoffe e filati, con lo stesso tessuto scozzese ho fatto le tende per creare intimità tra la zona di guida e il mio mini nido, scegliendo le mollette da bucato in legno (come quelle di una volta) per fermare le tende al bastone o i costumi da bagno alle cinghie (proprio come quando si stende il bucato al sole), una torcia appesa con un moschettone alla cinghia sopra la mia testa pronta per ogni evenienza notturna, un ukulele per intonare qualche canzone al calar della sera, libri su donne che hanno fatto la storia, l’iPad sempre pronto per buttare giù due righe in caso di bisogno.
Ho scelto i capi da caricare in modo istintivo, lasciando scorrere le mani sui vestiti che pendevano dagli stand in laboratorio, uno sguardo e via, li ho presi e appesi sui supporti del Transporter improvvisati il giorno prima.
Mi ha accompagnato per una parte del viaggio mia figlia Evelina (poi rientrata a casa in treno) e per l’intero viaggio Angel, il mio amato cane.
La vita sulla strada ha un fascino tutto suo: inaspettati incontri magici, persone generose, e molto, molto tempo per me.
È una vita fatta di cose vere, riscopri l’essenziale, segui i tuoi ritmi senza avere uno schema preciso, se hai fame mangi, sennò ti perdi ad ammirare il paesaggio, se vuoi nuoti, se preferisci improvvisi la tua palestra nella natura.
I chilometri li percorri per esplorare, sino a quando un cartello, una spiaggia oppure una collina ti incuriosiscono e lì ti fai guidare dal tuo naso, prendi una nuova direzione che ti apre nuovi mondi.
Le “COSE VERE” che ho sperimentato, mi hanno aiutata a liberarmi dai ritmi insostenibili che la quotidianità spesso mi impone. Ho adorato tutto.
Le mie colazioni sulle rocce di Monterosso in riva al mare o sulle spiagge di Baratti, i miei pranzi improvvisati sulle panchine o i muretti dei paesini dell’entroterra ligure, intercalati da cene nei vari ristorantini e osterie incontrate lungo il percorso. Notti sdraiata nel retro di “SCREAMING EAGLE” (cosi ho battezzato il mio furgone) ad assaporare la solitudine, nel silenzio del mio nido, o i rumori della vita che pulsava di fuori. Ho ammirato tramonti spettacolari e la vita che scorreva davanti a me, ascoltato il suono del vento che soffiava entrare dalle fessure dei finestrini (una brezza preziosa in un ambiente minuscolo). Ho ascoltato le gocce di pioggia che cadendo sulla lamiera creavano una melodia suggestiva. Mi sono rinfrescata alle fontane dei paesi prima di cena e al mattino appena sveglia. Ho improvvisato il mio laboratorio sul sagrato della chiesa del paese. Ecco, questo è stato il mio vero nutrimento.
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